POSTI CHE MI “INTRIGANO” E DA VEDERE NEL MONDO
E’ chiaro che da vedere nel mondo ci sono migliaia di posti che meritano; è chiaro che a seconda della sensibilità delle persone possono essere più interessanti da essere visitati certi monumenti piuttosto che certi paesaggi, etnie particolari piuttosto che musei di ogni genere, etc etc.
Da quando ero piccolo e, curiosissimo, guardavo i programmi tv o leggevo articoli e libri, molti sono state le contrade del mondo che hanno attirato la mia curiosità: guardavo i documentari di Folco Quilici, di Jacques Cousteau e sognavo l’Australia o le immersioni nei mari corallini della Polinesia Francese; guardavo i programmi culturali della RAI (allora c’erano solo quelli e… in bianco e nero, anche) e immaginavo che un giorno sarei stato a Parigi o a passeggiare per i corridoi dei Musei Vaticani; andavo al cinema a vedere “Il fiore delle mille e una notte” di Pasolini e speravo un giorno di trovarmi a scalare le scoscese pareti che portano a Shaharah nello Yemen.
Ora gli anni sono passati e molti di quei luoghi magici dell’adolescenza ho avuto la fortuna, insieme ad Anna o da solo, di visitarli e apprezzarli in pieno. Ma il mondo, questa nostra terra, è ricca di luoghi magici e misteriosi, talmente tanti che sarà impossibile per chiunque poterli “vivere” tutti; ma non sono un filosofo e molto più pragmaticamente proverò a raccontare quali sono quelli che hanno ispirato questo nuovo viaggio, senza mai dimenticare che ogni km percorso in sella alla mia moto sarà valsa la pena essere assaporato ed avrà rappresentato un qualcosa di importante ed interessante da essere vissuto.
Iniziando il mio viaggio verso est sarò per la prima volta a Budapest, una delle bellissime capitali imperiali europee, con i suoi grandiosi palazzi affacciati sul Danubio; ma quello che mi ha maggiormente ispirato in questo ritorno sulla via della seta in centro Asia è stato il poter percorrere la mitica Pamir Highway, la strada sterrata che per lunga parte corre costeggiando il confine con l’Afghanistan: impervia, durissima con la pioggia, difficile in ogni circostanza ma affascinante come poche per la bellezza dei suoi paesaggi innevati, per l’incontro con popolazioni gentili e particolari, per il verde delle sue vallate. Sono già stato (ed ho ammirato) Khiva, Bukhara, Samarcanda ma la Pamir Highway ce l’ho nel cuore da sempre… e ci sarà di sicuro l’occasione per un campeggio in alta quota lungo le rive di qualche torrente!!
E poi sempre in Asia l’attraversamento della Mongolia da ovest verso est, fino alla capitale Ulaan Baatar: pastori a cavallo (o anche con quelle motorette 80 cc che i cinesi hanno spedito in tutta l’Asia e non solo), cieli di un azzurro intenso sopra a sterminate distese di verde, le gheer delle popolazioni nomadi, i resti di dinosauri di milioni di anni fa; e piste, piste, piste…
E dopo il passaggio da Vladivostok fino a Vancouver la salita a nord verso Alaska e Yukon, a percorrere la Dalton Highway e la Top of the World Highway, famose “autostrade” sterrate nelle quali immergersi completamente nella natura e nel ricordo della corsa all’oro cantata da Jack London: Whitehorse, Dawson City, Fairbanks, Chicken, Fort Nelson, Watson Lake, nomi impressi nelle fantasie dei pionieri dei secoli scorsi.
Scenderò quindi a sud lungo la costa pacifica e da Los Angeles (Santa Monica Pier, incrocio con Ocean Avenue) prenderò la Historic Route 66, cioè quel che resta della strada attraverso l’america cantata da Jack Kerouac, via privilegiata di quanti cercarono fortuna a ovest dopo la grande depressione. L’abbandonerò solo per le deviazioni al Grand Canyon e alla Monument Valley. Dopo Chicago arriverò a New York, quindi Washington e il profondo sud americano per arrivare in Mexico dove, in Chapas, incontrerò i volontari padovani di Laj Ki e visiterò i cenotes (grotte con acqua dolce) esplorati dal mio amico speleologo Tono De Vivo tanti anni fa.
Ho già avuto modo di vedere Tikal e le sue grandiose rovine Maya e quindi da lì mi sposterò in un luogo che da anni attira la mia attenzione: a Livingston vive ancora adesso una popolazione di origine africana, i GARIFUNA, che ha mantenute intatte la lingua, la musica, le danze, le tradizioni, in una parola la cultura, e se sarò fortunato arriverò proprio nel periodo del festival che ogni anno richiama centinaia di visitatori da tutto il mondo. Dal Guatemala (confine col Belize) fino allo stretto di Panama da dove, con una lancia a motore (la strada panamericana si interrompe qualche decina di km sotto Panama City e la foresta del Darien, per circa 100 km, è percorsa solo dai muli dei narcos) attraverserò il braccio di mar dei Caraibi costellato delle Islas San Blas (comarca dove vivono e dettano legge gli indios Kuna) per arrivare a Turbo, piccolo porto colombiano. Dopo Colombia, Ecuador e Perù, se Dio vuole arriverò a Cuzco e alla città nascosta di Machu Picchu (già vista peraltro nel precedente giro del mondo) e da qui una incredibile strada a tornanti in mezzo alle Ande mi porterà dai 3500 mt della capitale incas fino alla foresta amazzonica di Puerto Maldonado; da qui una pista fino a Porto Velho e sarò in Brasile.
L’ultimo luogo che vorrò visitare in terra americana (ma devo ancora attraversare la Patagonia e innumerevoli volte le Ande e incontrare i tanti amici brasiliani, argentini e cileni conosciuti nei viaggi precedenti) sarà Villa O’Higgins, il piccolo villaggio cileno dove termina la Carretera Panamericana, iniziata 25.750 km a nord e precisamente a Prudhoe Bay, in Alaska, punto più a nord del mondo raggiungibile su strada.
Da Santiago di Cile con un aereo sorvolerò il pacifico e atterrerò a Sydney, quarta volta per me nella terra dei canguri. Cercherò strade nuove per attraversare l’outback ed in particolare percorrerò per la prima volta la Dempsey Highway che attraversa tutto il Centro Rosso da Sud a Nord; prima però sarò a Coffs Harbour per incontrare Casey ed Ade, i due grandi amici che mi hanno ospitato nella loro splendida casa che sovrasta dalle verdi colline il mare della baia. Terminerò il percorso australiano a Perth, ed anche qui non mancherò di andare a salutare Stefano e Annamaria che qui hanno deciso di metter su famiglia (bellissimi i loro figli Laskan, il maschietto nato nel 2013, e Olivia, la femminuccia nata nel 2016) dopo un viaggio di 38.000 km attraverso l’Asia.
Mi aspetterà adesso il continente africano che risalirò da Durban-Sudafrica fino al Marocco, lungo la difficile costa occidentale (quella orientale l’ho già percorsa più e più volte) che mi porterà a conoscere tante etnie differenti e particolari, tanti modi di vita, tante miserie e tanti volti sorridenti, dal miracolo della nazione arcobaleno all’africa nera, dal Sahel alle regioni arabe e berbere. In questa terra primordiale incontrerò tanti volontari delle organizzazioni umanitarie padovane che operano nel continente nero: in Mozambico, in Kenia, in Etiopia, in Uganda, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sierra Leone, in Senegal. Dovrò comunque essere molto fortunato perché alle incognite dovute ai monsoni (che rendono le strade assolutamente impraticabili) si aggiungeranno di sicuro le tribolazioni dovute a situazioni di ordine pubblico e di conflitto armato tra le più difficili della Terra. Speriamo bene…
Con il ritorno in Europa non è ancora terminata la mia sete di conoscenza; mi aspettano ancora il Portogallo, mai attraversato, l’incontro con il fraterno amico Josè Luis a Vigo, in Galizia, l’attraversamento del nord della Spagna e della piccola repubblica di Andorra, i Pirenei, l’Aquitania, l’arrivo a Berlino e l’incontro col Borgomastro. Dopo tutto questo allora si potrò veramente considerare terminata questa fantastica avventura iniziata più di un anno prima: pochi km e respirerò di nuovo l’aria dell’Adriatico e abbraccerò la mia amata Anna!!